Tritordeum

Il Tritordeum è il cerale nuovo, che nasce dall'unione naturale tra il frumento duro e l'orzo selvatico, che ha vinto il premio "SUSTAINABLE FOOD AWARDS 2018" grazie alla sua coltivazione altamente sostenibile.

Le sue caratteristiche nutrizionali ne fanno un ingrediente straordinario in cucina, dai piatti salati ai dolci.

Vanta innumerevoli proprietà: un basso contenuto di glutine che lo rende altamente digeribile, una maggior quantità di fibre, di luteina e di acidi grassi.

I prodotti preparati con questa farina sono indicati a chi soffre di ipersensibilità al glutine (NON CELIACHIA) e a chi vuole coniugare bontà e salute nella propria alimentazione.

Scegli di rispettare l'ambiente.

Scegli di volerti bene.

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UN’ALTERNATIVA PER COLORO CHE DEVONO O VOGLIONO RIDURRE IL CONSUMO DEL GLUTINE

Uno studio nutrizionale sviluppato dal Dipartimento di Gastroenterologia dell’Ospedale di Leòn, dal Dipartimento di Microbiologia e Parassitologia della Facoltà di Farmacia dell’Università di Siviglia e diretto dal Dipartimento del Miglioramento Genetico Vegetale dell’Istituto di Agricoltura Sostenibile del CSIC di Cordoba dimostra che il Tritordeum contiene meno proteine del glutine associabili a patologie alimentari rispetto al frumento.

L’obbiettivo dello studio era valutare, su persone sane, la digeribilità del pane di Tritordeum rispetto al pane di frumento ed al pane senza glutine.

I risultati ottenuti hanno consentito di concludere che il Tritordeum può essere un’alternativa per coloro che vogliono ridurre il consumo di glutine; fermo restando che non è un prodotto adatto ai celiaci poiché contiene glutine.

COMUNICAZIONE SULLA CONCLUSIONE DELLA PROVA GLUTINE

Il Tritordeum riduce considerevolmente la quantità di proteine del glutine associate a patologie alimentari – quali l’intolleranza al frumento, l’intolleranza al glutine o la celiachia - rispetto al frumento.

La misurazione dei peptidi immunogenici del glutine nelle feci dei volontari conferma una riduzione significativa delle quantità di proteine del glutine seguendo una dieta a base di pane di Tritordeum rispetto a quando seguivano una dieta a base di frumento.

Questi risultati avvalorano la tesi che il Tritordeum ha una capacità immunogenica più bassa del frumento.

Concretamente, il Tritordeum può essere un’alternativa interessante per coloro che vogliono ridurre CONSIDEREVOLMENTE il consumo di glutine e che non necessitano di una dieta totalmente senza glutine
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Il contenuto delle gliadine nel glutine riscontrato sia nelle farine che nel pane di Tritordeum è significativamente più basso rispetto al pane a base di frumento.

Il Tritordeum si differenzia dal frumento per la composizione del glutine –per il ridotto di contenuto delle gliadine – riscontrato sempre molto inferiore sia nella farina che nel pane.

Secondo il metodo di analisi di ELISA R5 (approvato dal Codex Alimentarius), la riduzione di queste proteine osservate nella farina di Tritordeum rispetto a quella di frumento è del 41% e del 49% nel pane di Tritordeum rispetto al pane di frumento.

CONSUMO E TOLLERANZA

In sintesi quindi:

Il pane di Tritordeum ha una buona digeribilità ed è ben tollerato dall’organismo.

La digeribilità è stata analizzata attraverso dei questionari sensoriali e clinici dove si è confrontato il pane di Tritordeum con il pane di frumento, con un pane senza glutine e col pane che ogni volontario mangiava abitualmente.

La digeribilità è stata molto buona tra tutti i volontari, decisamente molto superiore rispetto al pane di frumento e al pane senza glutine.

Il questionario clinico dei sintomi gastrointestinali non ha evidenziato nessuna differenza tra il consumo di Tritordeum e il pane abitualmente consumato o il pane di frumento; confermando che il pane di Tritordeum è perfettamente digeribile.

CONCLUSIONE

I risultati di questo studio indicano che il Tritordeum ha un importante riduzione di proteine del glutine associate a patologie alimentari, possiede delle proprietà sensoriali simili o migliori rispetto al pane di frumento ed è perfettamente digeribile.

Per questo motivo lo studio conclude che può essere un’opzione interessante per coloro che vogliono ridurre il consumo di glutine, tenendo conto che rimane comunque un prodotto non adatto a celiaci.

IL PASSO SUCCESSIVO

Lo studio è stato realizzato con volontari in buona salute per assicurare la tolleranza e la digeribilità clinica evitando il rischio di innescare sintomi di malessere.

Un secondo studio, prossimo alla realizzazione, verrà usato per dimostrare che il Tritordeum può essere un’alternativa per le persone che soffrono di intolleranza al frumento (non celiachia).

Nostra produzione con Tritordeum

Altri prodotti con Tritordeum

Intervista a Lorenzo Boni in occasione di Cibus 2018

Carpi – Ha applicato un’idea basilare del marketing che suona più o meno così: quando tu, produttore, fai la stessa cosa dei tuoi concorrenti, consegnando agli acquirenti grande forza contrattuale sul prezzo, ti conviene uscire dalla ressa e cercarti una nicchia dove poter vendere le cose al prezzo che valgono.

Così ha fatto Lorenzo Boni, perito elettronico, ma anche sommelier con un’antica passione per l’enogastronomia in chiave emiliana.

Dopo aver rilevato il pastificio Gabriele Menozzi rinomato produttore dal 1972 della “Pasta fresca Menozzi” con la Gse Food (la sigla sta per Grandi specialità emiliane) creata insieme al fratello Iames e a Stefania Cavazza, ha avviato la produzione di pasta all’uovo, rivedendo però le caratteristiche dell’ingrediente basilare, la farina, a partire dal cereale che la origina: «L’azienda che abbiamo rilevata – spiega – fornisce tuttora alla grande distribuzione i prodotti a marchio Menozzi della propria linea standard.

E’ un mercato, tuttavia, che pone noi, piccoli produttori artigianali, in concorrenza diretta con i colossi industriali.

Ed è stato allora che abbiamo sviluppato un prodotto ancora più adatto a tutti rispetto a quello tradizionale, andando anche incontro a esigenze di persone che hanno necessità specifiche perché non stimola determinate ipersensibilità, mantenendo peraltro piena gradevolezza organolettica».

Il pensiero è andato in particolare a quanti, senza essere afflitti da celiachia, cioè dall’intolleranza al glutine, manifestano tuttavia una ipersensibilità alla struttura proteica del grano:

«Quanti presentano sensibilità al glutine – precisa Boni – si distinguono in celiaci e coloro che che hanno una ipersensibilità specifica: i primi soffrono di una condizione genetica e patologica, mentre gli ipersensibili assolutamente no.

Solo, non stanno bene, avvertono gonfiore e pesantezza, perché certe componenti delle proteine del glutine sono per loro indigeribili. E anche senza entrare nel campo dell’ipersensibilità, la difficoltà di digerire prodotti fatti con le farine tradizionali è comune a molti».

Che fare, per loro? Da qui è nata l’idea di un posizionamento di nicchia, legato a un tipo di cereale che già nel nome sembra annunciare qualche cosa di esplosivo: il tritordeum.

«Il nome – spiega Boni – deriva dalla elisione di Triticum durum e Hordeum chilense. E’ un prodotto del tutto naturale, non Ogm dunque, che nasce dall’ibridazione tra grano duro e orzo selvatico.

Sono occorsi trent’anni di ricerca sulle sementi, selezionate fino a stabilizzare il tritordeum. Esiste solo dal 2014, è organoletticamente buono e possiede caratteristiche nutrizionali pur contenendo la metà del glutine del grano tradizionale con conseguente maggiore digeribilità.

E’ il minor quantitativo di glutine che lo rende nutrizionalmente superiore e l’avere meno proteine indigeribili non ne riduce la qualità, ma la aumenta.

Ha inoltre elevati valori di carotenoidi e antiossidanti, molta fibra e bassissimi livelli di amidi che lo rendono adatto anche a chi presenta problemi di glicemia.

Oltre a questo – aggiunge Boni – è un cereale robusto che non necessita di trattamenti in campo ed è prodotto in Italia dove alcuni pesticidi come il glifosate sono vietati.

La farina che se ne ricava in Italia la distribuisce la Tomato Farm, del gruppo Gavio che ne detiene i diritti su tutta la filiera, acquistando il raccolto. E noi abbiamo ottenuto l’esclusiva nazionale per la produzione di pasta all’uovo con farina di tritordeum.

Una pasta – sottolinea Boni – che non scende certo a compromessi, in fatto di gusto, perché arricchisce i sapori, ha un bel colore ed è buona».

Non è stato un percorso facile: sono occorsi mesi e diversi test prima che la Tomato Farm accogliesse la candidatura dei tre soci di Gse Food a produrre tortelli dai vari ripieni, tortellini della tradizione emiliana, tagliatelle, bigoli, maccheroni al torchio e maccheroni verdi con la farina di tritordeum. Ma alla fine, una lettera entusiasta dell’amministratore delegato del gruppo, Bruna Saviotti, ha annunciato la concessione per l’Italia.

Ora, la pasta all’uovo (e in prospettiva anche pane, gnocco e tigelle) prodotta da Boni e dai propri soci in via Pola, prenderà due strade, peraltro collegate. Una, con il marchio Pasta Menozzi, è quella che la condurrà nei negozi specializzati e sugli scaffali della Grande distribuzione. L’altra è l’ingresso nella famiglia dei prodotti al tritordeum marcati Corte di Rivalta: una famiglia molto ampia che fa capo alla Tomato Farm e che comprende anche farina tal quale, cereale perlato per zuppe, birra, biscotti e sostitutivi del pane.

Il debutto è avvenuto nei giorni scorsi a Cibus, nello stand della Tomato Farm: «Abbiamo avuto riscontri bellissimi», sorride Boni. E’ quello che succede, quando ricerca e idee creative permettono alla tradizione di intercettare nuovi bisogni.